sabato 16 febbraio 2008

Mappe qualitative


Nel laboratorio di ricerca urbana, del dipartimento di sociologia dell’Università di Chicago, un collega di Park, Ernest W. Burgess, nel 1926 elaborò coi suoi studenti la Social Science Research Base Map of Chicago, una carta che riportava le zone industriali, la rete dei trasporti e la distribuzione dei gruppi linguistici nella città. Questa mappa costituì la base di molti lavori successivi, realizzati combinando insieme informazioni di carattere geografico, politico e di sviluppo urbanistico per studiarne le eventuali correlazioni.
Al sito internet della biblioteca dell’università è possibile consultare un catalogo di mappe di geografia sociale - Social Scientists Maps of Chicago - tra cui quella descritta sopra, che vanno dalla fine dell’Ottocento ad oggi. Altre si trovano al sito dell’Encyclopedia of Chicago, che ne raccoglie molte, anche perché Chicago all’inizio del Novecento è diventato un caso di studio, la cui espansione, soprattutto a livello cartografico, è stata ampiamente documentata.
I criteri con cui sono state realizzate le mappe sono svariati: la distribuzione degli immigrati, la suddivisione in base al valore economico delle aree, le zone a rischio di criminalità o di malattie; i teatri, i cinema e i locali di blues; altre documentano lo sviluppo dei trasporti, delle aree edificate (ad esempio una di queste, del 1930, riporta gli edifici tra i 7 e i 12 piani e quelli oltre i 12) o del verde. In molti casi sono affiancate in successione, così da valutare lo sviluppo delle variabili in questione nel tempo.
Per fare un esempio, la mappa sui cinema documenta un’esplosione nella diffusione delle sale nella prima metà del Novecento, soprattutto a downtown, e una successiva diminuzione – nel 2002 nel Loop ne erano rimaste solo due – che testimonia la svalutazione delle aree centrali in favore di quelle residenziali. Un altro caso che merita uno sguardo è la mappa delle gang rivali di Chicago del 1931 (Maps of Chicago's Gangland): la città è suddivisa in base alle zone di dominazione delle gang, tra cui domina quella di Al Capone. Certamente, si tratta di una mappa “romanzata”, realizzata con l’intento di diffondere la propaganda proibizionista e di tenere lontani i giovani dalle zone mal frequentate della città. Ma nei casi normali, e soprattutto in alcune metropoli, documentare le aree più rischiose è utile per la cittadinanza, i visitatori o la polizia.
Un altro dato fondamentale riguardo le abitudini urbane sono i movimenti coi trasporti pubblici. E’ del 1930 una mappa che riporta il numero degli utenti che ad ogni stazione ed in entrambe le direzioni si servivano del treno. In questo caso la raccolta di dati è quantitativa e l’idea di mettere le informazioni sulla mappa una scelta per facilitarne la visualizzazione. Nel caso delle grandi città, e quindi dei grandi numeri, le mappe offrono un sistema per disporre le informazioni, un’interfaccia, che rende i dati molto più fruibili rispetto, ad esempio, ad un semplice elenco numerico. In generale, diventano uno strumento essenziale per sintetizzare delle informazioni, geografiche e insediative, da cui qualsiasi intervento sul territorio non può prescindere.
Un’analisi simile è normalmente il presupposto del piano regolatore dei comuni, che regola, appunto, l’uso e la tutela del territorio, per la destinazione privata, pubblica e per le infrastrutture, sulla base di leggi che stabiliscono il rapporto tra abitanti e, ad esempio, numero delle scuole, degli ospedali, ecc. Dal momento che il numero degli abitanti non è fissato e le esigenze cambiano nel tempo, col progresso economico, tecnologico ecc., un piano regolatore dovrebbe essere in grado di prevedere lo sviluppo di una città, oltre che considerare una serie di variabili, come ad esempio, il flusso di immigrati, che magari vi trascorreranno solo un breve arco di tempo, le esigenze che porteranno con sé e i servizi da offrire di conseguenza.
Lo sviluppo di una città è un processo duplice: se da un lato procede in maniera spontanea e dipende da chi vive, arriva e lavora nella città, d’altra parte può essere incanalato dagli interventi che vi si operano: la difficoltà nella valutazione dipende dal fatto che le previsioni teoriche richiedono un aggiustamento continuo coi dati concreti. Più dati si raccolgono, quindi, più è possibile rendere le previsioni accurate. Come si è già detto, allo studio del territorio e della sua morfologia è significativo affiancare aspetti sociali, politici, economici e culturali. La raccolta dei dati può procedere per via quantitativa, basandosi su indagini statistiche, ma anche per via qualitativa, basandosi cioè sulla percezione diretta dei cittadini o di chi vi trascorre un periodo di tempo. In questo caso il metodo potrebbe procedere per interviste ad esempio sulla percezione della sicurezza, la qualità della vita, la valutazione estetica del paesaggio naturale e architettonico.
A questo proposito sono da segnalare due progetti che prevedono la realizzazione di una serie di mappe qualitative, da affiancare a quelle tradizionali. Spostandoci da Chicago all’Italia e in particolare alla provincia di Milano, l’associazione dei costruttori edili, Assimpredil Ance, ha promosso un’iniziativa per la creazione di un archivio di mappe, che accostino informazioni geografiche, sociali ed economiche per valutare i cambiamenti in atto sul territorio. Il progetto, chiamato e- mapping e a cui lavora un gruppo composto da imprenditori, urbanisti, architetti, sociologi e economisti, è volto a realizzare mappe georeferenziate, in cui cioè le informazioni sono riportate su mappe, grazie ad un sistema informatico che implementa i dati numerici su un supporto grafico, permettendo così una loro sintesi e contrapposizione.
Per quanto riguarda la cartografia del territorio di Milano e della regione Lombardia, attualmente i siti internet della provincia e della regione offrono un collegamento al Sit, il sistema informativo territoriale, da cui, registrandosi e installando un programma, è possibile consultare o scaricare il materiale, che perlopiù riguarda l’uso del suolo, i vincoli territoriali, storici, ecc., allo stato attuale.
Tra gli aspetti innovativi del progetto e-mapping, oltre alla creazione di un archivio unificato di mappe sull’espansione e lo sviluppo del territorio, è la raccolta di dati di tipo socio - economico. Milano è una città in continua evoluzione da questo punto di vista e richiede strutture che la supportino di conseguenza. Per fare un esempio, uno studio è relativo alle aree della città più coinvolte durante la settimana della moda e la mappa qui a lato riporta la concentrazione dei visitatori durante tale periodo. Ma oltre a questo si possono immaginare svariati criteri per osservare le dinamiche sociali della città e offrire servizi relativi. Come rilevare le aree più frequentate, ossia i diversi centri della città, a seconda dei momenti della giornata o degli eventi in programma. O ancora, confrontare la distribuzione degli immigrati sul territorio e le diverse esigenze dei quartieri che li ospitano. Per ottenere informazioni di questo tipo, una fonte potrebbero essere i residenti stessi. Oltre ai dati quantitativi, il progetto prevede infatti di raccogliere giudizi qualitativi, emessi da chi frequenta la città. E’ da precisare che, affinché la percezione soggettiva sia trasposta su mappe diventando così un elemento di valutazione sulla città, è necessario tradurla in cifre, secondo dei parametri scelti a priori. Così, attraverso una specie di censimento, si potrebbe fare una stima della percezione soggettiva di determinati aspetti della vita urbana.
Alla realizzazione specifica di mappe qualitative è dedicata anche un’altra iniziativa che vede come protagonista la città di Piacenza. Anche in questo caso ad occuparsene è un gruppo eterogeneo di persone: antropologi, architetti, geografi, semiotici e i risultati dello studio verranno esposti in una mostra che si terrà nella città stessa a fine Marzo. Il punto di partenza teorico è che, attraverso interviste ai residenti, si possano individuare i vuoti della città, quelle aree che o per vincoli territoriali, urbanistici o semplicemente di apprezzabilità non sono considerate, frequentate, vissute. Piacenza è una città emblematica per la tranquillità – molti dei suoi abitanti affermano la noia – della vita sociale e culturale. E’ una città rivolta in generale verso l’interno, come testimoniano le finestre e i balconi degli edifici che affacciano preferibilmente sui cortili privati, molti dei quali, noti per il loro decoro, costituiscono un vanto per la città, per quanto non siano luoghi di aggregazione o di passaggio. A Piacenza, giusto per segnalare un caso estremo, molte strade sono prive di marciapiedi, mentre non mancano servizi accurati alla viabilità automobilistica. Il tentativo di capire il motivo per cui la città sia così priva di spazi pubblici ha portato all’idea di creare delle mappe della città che rappresentino la percezione di essa da parte dei suoi abitanti.
Attraverso il metodo dell’intervista diretta, i ricercatori hanno condotto le proprie analisi chiedendo ad esempio di tracciare su una mappa le aree avvertite come più o meno sicure, quelle più apprezzate, inquinate, benestanti o ad alta densità di immigrati. Un risultato interessante è lo scarto tra la percezione soggettiva, che tende ad uniformarsi, e l’effettiva situazione. Ad esempio, le zone ritenute dalla maggior parte delle persone pericolose nelle ore notturne non sono più frequentate che le zone cosiddette sicure. L’idea che di notte vi siano in giro solo immigrati o militari (Piacenza ospita una base americana) non corrisponde al fatto che dopo una certa ora la città sia invece completamente deserta.
Ciò conduce almeno ad una considerazione. Se infatti si dovesse formare una rete collaborativa per tenere informati sulle attività della città, magari la fonte più attendibile non sarebbero i residenti stessi, o comunque non dovrebbe essere l’unica. Come si è visto, infatti, un pregiudizio sarebbe difficilmente smentito. Uno sguardo disincantato potrebbe essere quello di un visitatore esterno, come qui quello dei ricercatori, cosa che da un lato rende il loro lavoro interessante e utile, ma che d’altra parte indica almeno un limite della conoscenza di “massa”. Però, già a partire da questa consapevolezza, si potrebbe ad esempio considerare, come criterio per valutare l’affidabilità delle informazioni, che la fonte non si limiti ad essere la voce dei cittadini, ma anche quella di visitatori esterni. Non a caso, infatti, le guide turistiche sono in genere state scritte a loro volta da turisti, come a dire che chi vive in una città, talvolta non offre la prospettiva migliore con cui guardarla.

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